Virgilio e Palazzo Donn’Anna, il Munaciello e il Diavolo di Mergellina, il Cristo velato e altre storie: quindici racconti che ripercorrono luoghi, personaggi ed episodi napoletani, senza rinunciare all’amabile capacità di credere ancora al meraviglioso e al fantastico. Lo sguardo curioso e appassionato di Matilde Serao sconfina nella mitologia, insegue...
Con splendide illustrazioni a colori e ingegnosi elementi interattivi progettati dal pluripremiato studio MinaLima, questa straordinaria edizione del terzo libro della saga di Harry Potter stupirà e incanterà i lettori di tutte le età. Per dodici lunghi anni, la spaventosa fortezza di Azkaban ha racchiuso un famigerato prigioniero chiamato Sirius Black....
In un flusso di emozioni che attingono dalla malinconia, dal sorriso, dall’onirico e dalla realtà asciutta e tagliente, Ersilia Saffiotti riavvolge le sue proprie storie di donna alla ricerca di sé,
del proprio angelo custode, scugnizzo come lei, e della sua napoletanità impastata di carne e di levità. La vita irrompe attraverso Màriam, riconosciuta in...
Il giardino è il luogo dove l`uomo cerca di ritrovare il paradiso terrestre, l`armonia perduta con la natura. Non a caso paradiso, in molte culture, è sinonimo di giardino e nelle descrizioni di tutti i tempi questo termine evoca la bellezza e il fascino di un luogo. Il giardino è un frammento del mondo, dove il committente riflette la sua personalità, i...
Preparati ad essere abbagliato da questa nuova edizione di J.K. Harry Potter e la camera dei segreti di J.K. Rowling, disegnato e illustrato da MinaLima. Con oltre 150 illustrazioni a colori e otto esclusivi elementi interattivi di cartotecnica pop-up! I lettori possono incontrare il Platano Picchiatore, rivelare la scala a chiocciola dell`ufficio di...
«Racconti del mondo fluttuante» (ukiyo-zoshi): così si definiva nel Giappone del Seicento il genere letterario a cui appartiene questo grande classico, qui tradotto per la prima volta in Italia. Ihara Saikaku fu maestro ineguagliato dell’ukiyo-zoshi: avido di particolari e di concretezza come un Balzac orientale, svelto e netto come un Maupassant, con lui l’arte del narrare irrompe nella vita di tutti i giorni, mescolando il pathos all’ironia. In queste sue storie le fascinose figure delle stampe giapponesi fra diciassettesimo e diciottesimo secolo escono dai loro rotoli e si muovono davanti a noi: per strade formicolanti, nei quartieri del piacere, nelle botteghe dei mercanti, sui percorsi dei pellegrinaggi, fra paraventi e guanciali. Giovinette e mezzane, mercanti e libertini, monaci e cortigiane: i loro destini si incontrano, si intrecciano, si ramificano, si dissolvono – con piccoli tocchi, con sapienti stacchi, rapidi mutamenti di scena. Sono uniti dal fatto di viaggiare sui «battelli carichi di tutti i nostri desideri» e da quel senso penetrante dell’impermanenza che avvolge come una patina preziosa ogni forma di vita del Giappone. Ciò che preme a Saikaku è lo scoccare, fra questi disparati destini, della passione erotica: amori che spesso si sprigionano da un minimo gesto, da una furtiva apparizione – e presto sono catturati nella rete sottile e smisurata dei divieti, degli usi, delle cerimonie. Allusioni, sotterfugi, travestimenti, equivoci, fughe, stratagemmi accompagnano così queste storie, dove è altrettanto acuto il sapore dell’animalità e quello dell’etichetta, dove l’esito è facilmente funesto.
Le vicende raccontate da Saikaku sono realmente accadute. Un giorno questi suoi amanti sono stati realmente condannati a morte, si sono suicidati o si sono insperatamente riuniti. Pochi anni dopo Saikaku, come un suo memorabile libertino, colleziona quelle lettere d’amore, quelle maniche di kimono, quelle sottovesti rosse, quelle ciocche di capelli, quei ritagli di unghie, quegli amuleti perduti e rinchiude tutto in quel «magazzino del mondo fluttuante» che è la sua prosa. Da lì quelle vicende usciranno poi trasformate in fantasmi, in leggende tramandate di bocca in bocca, corrose dal tempo, intrise di pianto come le maniche di tante sue «donne amorose». La sua narrazione, cosparsa di sapidi, asciutti commenti («Nulla è più agghiacciante delle donne» sentenzierà una volta, ma i suoi personaggi femminili sono i più accattivanti), ci sbalza continuamente dal grottesco al tragico, dalla crudeltà alla dolcezza, finché tutte le storie si avviano ugualmente a sciogliersi nel «mondo di rugiada». Ciò che rimane è schiuma e fumo. Presentati con una corposità iperreale, i personaggi di Saikaku acquisiscono così alla fine una sottile evanescenza, come una delle sventurate amanti da lui celebrate, di cui «ancora adesso par di vedere l’immagine della veste azzurro pallido che essa indossava quell’ultimo mattino», quando fu condannata a morte insieme al suo amato.
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«Racconti del mondo fluttuante» (ukiyo-zoshi): così si definiva nel Giappone del Seicento il genere letterario a cui appartiene questo grande classico, qui tradotto per la prima volta in Italia. Ihara Saikaku fu maestro ineguagliato dell’ukiyo-zoshi: avido di particolari e di concretezza come un Balzac orientale, svelto e netto come un Maupassant, con lui l’arte del narrare irrompe nella vita di tutti i giorni, mescolando il pathos all’ironia. In queste sue storie le fascinose figure delle stampe giapponesi fra diciassettesimo e diciottesimo secolo escono dai loro rotoli e si muovono davanti a noi: per strade formicolanti, nei quartieri del piacere, nelle botteghe dei mercanti, sui percorsi dei pellegrinaggi, fra paraventi e guanciali. Giovinette e mezzane, mercanti e libertini, monaci e cortigiane: i loro destini si incontrano, si intrecciano, si ramificano, si dissolvono – con piccoli tocchi, con sapienti stacchi, rapidi mutamenti di scena. Sono uniti dal fatto di viaggiare sui «battelli carichi di tutti i nostri desideri» e da quel senso penetrante dell’impermanenza che avvolge come una patina preziosa ogni forma di vita del Giappone. Ciò che preme a Saikaku è lo scoccare, fra questi disparati destini, della passione erotica: amori che spesso si sprigionano da un minimo gesto, da una furtiva apparizione – e presto sono catturati nella rete sottile e smisurata dei divieti, degli usi, delle cerimonie. Allusioni, sotterfugi, travestimenti, equivoci, fughe, stratagemmi accompagnano così queste storie, dove è altrettanto acuto il sapore dell’animalità e quello dell’etichetta, dove l’esito è facilmente funesto.
Le vicende raccontate da Saikaku sono realmente accadute. Un giorno questi suoi amanti sono stati realmente condannati a morte, si sono suicidati o si sono insperatamente riuniti. Pochi anni dopo Saikaku, come un suo memorabile libertino, colleziona quelle lettere d’amore, quelle maniche di kimono, quelle sottovesti rosse, quelle ciocche di capelli, quei ritagli di unghie, quegli amuleti perduti e rinchiude tutto in quel «magazzino del mondo fluttuante» che è la sua prosa. Da lì quelle vicende usciranno poi trasformate in fantasmi, in leggende tramandate di bocca in bocca, corrose dal tempo, intrise di pianto come le maniche di tante sue «donne amorose». La sua narrazione, cosparsa di sapidi, asciutti commenti («Nulla è più agghiacciante delle donne» sentenzierà una volta, ma i suoi personaggi femminili sono i più accattivanti), ci sbalza continuamente dal grottesco al tragico, dalla crudeltà alla dolcezza, finché tutte le storie si avviano ugualmente a sciogliersi nel «mondo di rugiada». Ciò che rimane è schiuma e fumo. Presentati con una corposità iperreale, i personaggi di Saikaku acquisiscono così alla fine una sottile evanescenza, come una delle sventurate amanti da lui celebrate, di cui «ancora adesso par di vedere l’immagine della veste azzurro pallido che essa indossava quell’ultimo mattino», quando fu condannata a morte insieme al suo amato.
Il tango, è stato scritto, è «un pensiero triste che si balla». Ma la malinconia del tango, la sua natura di scena drammatica, di lamento amoroso, di ballo lento, languido e voluttuoso, sono legate al periodo in cui si afferma nelle capitali europee (a Parigi, anzitutto) e viene universalmente accettato. Un periodo che a Borges poco interessa, perché...